Una giornata di mobilitazione. Per un impegno da portare avanti, tutti assieme, nei prossimi mesi e anni. Mercoledì 22 gennaio si è svolta la tappa veneziana di “Ecogiustizia subito: in nome del popolo inquinato”, la campagna nazionale promossa da Acli, Agesci, Arci, Azione Cattolica, Legambiente e Libera per accendere i riflettori sulle mancate bonifiche delle aree gravemente inquinate. Tappa dedicata ovviamente alla realtà di Porto Marghera e alla ultradecennale questione della bonifica di una area enorme di oltre 1.600 ettari: ad oggi sono stati sanati appena il 21% (339 ettari) di superficie a terra e lo 0,1% di falda (scarica la scheda completa).
La giornata si è aperta con un flash mob a Venezia, davanti alla sede della Regione Veneto, con la lettura della simbolica sentenza di condanna, in nome del popolo inquinato, di tutti coloro che, a Marghera e in tanti altri luoghi d’Italia, hanno inquinato e abusato del territorio, senza pagarne le conseguenze e senza contribuire alle bonifiche. I rappresentanti delle associazioni promotrici sono stati accolti dall’assessore allo Sviluppo Economico Roberto Marcato, che ha ringraziato per l’attenzione a questo tema cruciale per il futuro di Venezia ed esortato ad un’alleanza tra istituzioni locali e società civile per chiedere e ottenere lo sblocco dei finanziamenti necessari per le bonifiche.
Al pomeriggio si è poi tenuta nella sede Acli di Marghera un’affollatissima assemblea, con l’intervento anche dei rappresentanti degli enti locali e dei sindacati. Un momento di confronto culminato con la sottoscrizione di un patto di comunità con otto proposte per l’Ecogiustizia di Porto Marghera.
In sintesi, si tratta di finanziare le opere di messa in sicurezza e risanamento, a partire da quelle più urgenti come il marginamento del nuovo Petrolchimico e di Fusina; velocizzare i trasferimenti di risorse per le bonifiche dai Ministeri agli enti locali ed evitare definanziamenti, come i tagli effettuati nell’ultima legge di Bilancio alla Legge Speciale per Venezia; ampliare i rilevamenti scientifici e ambientali insieme a stringenti controlli su tempi, rispetto di procedure e corretto uso delle risorse per le bonifiche attraverso forme e modalità di monitoraggio civico; infine, promuovere la partecipazione della comunità che vive nell’area per definire progetti di riqualificazione economica e sociale che puntino alla conversione industriale del SIN e alla creazione di nuovi posti di lavoro grazie all’economia verde.
“Chiediamo che venga applicato il principio “chi inquina paga” – sottolineano i promotori -, già fissato da normative nazionali e comunitarie, con impegni concreti e tempi certi per tutelare la salute e risanare le aree inquinate. È fondamentale promuovere, con la partecipazione delle comunità locali, piani di riqualificazione e riconversione dei siti produttivi nell’ottica della transizione ecologica, con la creazione di nuovi posti di lavoro grazie all’economia verde”.
Cosa vogliamo? Ecogiustiza! Quando la vogliamo? Subito!