Oltre il 90% delle persone decedute in Italia a causa del coronavirus aveva più di 65 anni. Basta questo dato per capire come il prezzo più pesante della pandemia sia stato pagato dagli anziani, e non solo per il numero di decessi. Troppo spesso si è trattato di una malattia vissuta in isolamento e solitudine, arrivando a morire senza la vicinanza di un familiare o di un parente, privati anche della dignità di un estremo saluto.
Prende le mosse da questo quadro il documento-appello “Coronavirus, sanità e comunità di persone” lanciato dalla Fap Acli Veneto. Pur esprimendo “grande riconoscenza per quanti hanno operato ed operano per affrontare la pandemia” ed evidenziando “il grande impegno e sacrificio dei medici e degli operatori sanitari, malgrado la iniziale carenza di personale, materiale di protezione, posti letto e strumentazioni per la terapia intensiva”, secondo la Federazione Anziani e Pensionati veneta “sono risultate evidenti l’inadeguatezza, la superficialità, l’incapacità di troppi servizi e di parte dell’organizzazione sanitaria e assistenziale di prendersi cura in modo globale delle persone fragili proprio nei momenti più drammatici della loro vita”.
“La morte degli anziani – prosegue il documento -non può essere archiviata con facilità, farlo sarebbe l’effetto della “cultura dello scarto” che Papa Francesco ci ha insegnato a riconoscere e rifiutare. La loro scomparsa è perdita di saggezza, di memoria, di percorsi che possono ancora dire molto, di un dialogo che si interrompe con i giovani”. Anche per questo i pensionati della Fap Acli veneta sottoscrivono l’appello “Senza anziani non c’è futuro” lanciato da numerose personalità della cultura, della politica, della società civile e del volontariato a livello italiano ed europeo, per contrastare il pericolo che passi una idea di una “sanità selettiva” basata sulla vulnerabilità delle persone.
Alla luce di ciò, e sottolineando come la risposta alla pandemia sia venuta quasi esclusivamente dalla sanità pubblica, la Fap veneta lancia un duplice appello alle istituzioni nazionali e regionali per un profondo cambiamento nelle politiche socio-sanitarie rivolte agli anziani. Al Governo viene chiesto in particolare un impegno economico straordinario per riaffermare la centralità della sanità pubblica e del principio universalistico del nostro sistema sanitario, nonché una legge nazionale sulla non autosufficienza che assegni risorse per una migliore presa in carico delle persone in situazione di cronicità e di non autosufficienza.
Alla Regione Veneto, invece, la Fap Acli chiede “un profondo cambiamento di rotta nella programmazione e gestione dei servizi ospedalieri e territoriali e un rapido superamento di criticità che si sono maggiormente accentuate nella recente emergenza sanitaria”. Tra le proposte rientrano in questo senso “la valorizzazione della funzione di presidio territoriale svolta dai reparti di lungodegenza e dagli ospedali di comunità, la realizzazione di un adeguato numero di strutture riabilitative e di residenze sanitarie assistite per favorire il recupero funzionale e l’assistenza dell’anziano nella fase post-acuta, il potenziamento dei servizi di assistenza domiciliare”. Un occhio di riguardo, sempre a livello regionale, va riservato alle case di riposo, con l’auspicate riforma delle IPAB, una puntuale e costante verifica della applicazione dei criteri di accreditamento e un piano di interventi specifici su procedure e aspetti organizzativi, tecnologici e percorsi formativi per RSA e case di riposo a tutela degli ospiti e dei loro familiari.
Leggi il documento completo è disponibile nel sito della Fap Acli Veneto.
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