Il diritto-dovere al voto: le riflessioni con le Acli di Paolo Feltrin e mons. Fabio Longoni

Sala gremita a Zelarino il 21 settembre per “I cattolici votano?”, l’incontro pre-elettorale promosso dalle Acli di Venezia in collaborazione con la parrocchia di Zelarino. Un’occasione per ragionare sui grandi temi che accompagneranno l’appuntamento con il voto, accompagnati dagli spunti di riflessione di Paolo Feltrin, politologo e coordinatore dell’Osservatorio elettorale del Consiglio regionale, e mons. Fabio Longoni, già direttore dell’Ufficio nazionale CEI per il lavoro e i problemi sociali.

Come si muove l’elettorato? Come andare oltre ad un voto ormai costantemente “di protesta”? Quanto rischia di pesare il partito del non voto? E come influisce tutto ciò sull’elettorato cattolico? Sono solo alcune delle domande a cui si è cercato di dare una risposta, anche andando oltre a schemi prefissati. Come nel caso dei timori legati all’astensionismo, contro cui anche le Acli nazionali sono scese in campo con l’appello “Il Paese della dignità”. “L’affluenza – ha sottolineato Feltrin – potrebbe scendere al 70%, tre punti in meno rispetto alle ultime Politiche e quindici in meno rispetto al 2006. Ma attenzione a definirlo solo un atto di protesta: per metà di coloro che non voteranno si tratta di un astensionismo involontario. Persone che vorrebbero votare ma non possono materialmente farlo. Pensiamo a molti dei 7 milioni dei grandi anziani over 75. O ai 5 milioni di persone che, per motivi di studio o lavoro, abitano a oltre 300 chilometri dal proprio comune di residenza”. Le soluzioni ci sarebbero, dal voto anticipato a quello per posta, già sperimentate in molti paesi (in Germania alle ultime elezioni il 47% dell’elettorato ha votato per corrispondenza). Ma in Italia resta un tema sottotraccia, amputando di fatto il diritto al voto.

Sulle dinamiche del voto, che negli ultimi anni ha visto l’ascesa repentina e poi la caduta di molti leader, Feltrin sottolinea il grande problema di tutte le democrazie moderne: trovare il modo di sostituire i grandi partiti tradizionali, praticamente spariti alla scena. “Oggi non votiamo partiti, ma comitati elettorali ognuno con il proprio leader di riferimento, su cui si incentra tutta la comunicazione. Leader che assomigliano a personaggi televisivi, soggetti alle stesse curve di popolarità, con picchi e cali drastici nel volgere di pochi mesi”.

Sul tema del diritto al voto è tornato anche monsignor Fabio Longoni, con una lettura combinata dell’enciclica Gaudium et Spes e della Costituzione. “Per il cristiano il voto non è solo un diritto, ma un dovere. La Gaudium et Spes lo dice in modo esplicito: è un dovere usare il proprio voto per la promozione del bene comune. E la Costituzione, all’articolo 48, ricorda che il poter appartiene al popolo. Siamo quindi chiamati a votare come cittadini, non come singoli, ricordando che il bene comune non è una semplice somma dei beni dei singoli, ma al contrario ha un effetto moltiplicatore”. È quindi tramite l’esercizio del voto “che esprimiamo la nostra appartenenza alla nazione e tramite cui allo stesso tempo la nazione ci appartiene”.

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