La palude dei rimborsi alle vittime dei crack bancari

La gatta frettolosa fece i gattini ciechi. Niente come il celebre adagio può descrivere meglio la vicenda del Fondo Indennizzo Risparmiatori, istituito per rimborsare i risparmiatori truffati dalle banche fallite o messe in liquidazione tra il 2015 e il 2018. Una misura che interessa potenzialmente oltre 300 mila persone, rimaste coinvolte nel crack di CariFerrara, CariChieti, Banca Etruria, Banca delle Marche e, soprattutto, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. E che ora, per ottenere ciò a cui hanno diritto, rischiano di ritrovarsi invischiati in una vera e propria palude.

“In un mese e mezzo dalla pubblicazione del decreto – sottolinea Patrizio Negrisolo, vicepresidente di Lega Consumatori Venezia, l’associazione dei consumatori promossa dalle Acli – la procedura per la richiesta degli indennizzi è stata variata più volte, obbligando gli interessati a continue perdite di tempo per orientarsi tra le pastoie della burocrazia. Nel sito gestito da Consap, attraverso cui andrebbero caricate telematicamente le domande di rimborso, le schermate cambiano di continuo, a volte con cadenza giornaliera. Rinvio dopo rinvio, la segreteria del FIR ha reso noto che il portale dovrebbe essere pienamente operativo
da metà ottobre, ma avere delle certezze è francamente difficile”. Intanto continua a scorrere la scadenza dei 180 giorni dal 22 agosto entro cui è possibile chiedere il rimborso, anche se le associazioni dei consumatori hanno già chiesto di congelare i termini.

Il problema nasce dalla fretta con cui si è dato via all’operazione a metà agosto, in piena crisi di governo: il rischio di un ritorno alle urne, che avrebbe di fatto cancellato tutto il percorso faticosamente fatto, ha portato ad un’accelerata improvvisa. Con la conseguenza però di dover poi introdurre continui correttivi. “Alcuni cambiamenti – spiega Negrisolo – sono indubbiamente positivi, come la riduzione dei documenti da produrre tramite atto notorio, procedura che, oltre al pagamento della marca da bollo, chiede di recarsi presso il Comune di residenza per l’autentica della firma. Ma anche in questo caso resta l’ingiustizia nei confronti di chi, seguendo le indicazioni iniziali, ha provveduto appunto all’atto notorio, con una perdita di tempo e denaro inutile visti gli sviluppi successivi”.

Altro aspetto positivo è l’introduzione del divieto per gli avvocati di chiedere a mo’ di onorario una percentuale del recuperato. Resta in compenso non regolamentato il comportamento delle banche che hanno inglobato gli istituti falliti, a cui è necessario rivolgersi per avere copia della documentazione necessaria per la pratica. “La trasmissione dei documenti al cliente – spiega Negrisolo – è a pagamento e le tariffe applicate non sono di certo agevolate: un comportamento poco etico, che finisce per aggiungere danno al danno. Senza contare i tempi lunghi. Banca Intesa, che ha assorbito i due istituti veneti coinvolti nel crack, promette di rispondere con la sua task-force entro 60 giorni: ma anche in questo caso tocca segnalare ritardi e lungaggini non giustificati”.

Il consiglio? “Avviare la richiesta dei documenti alla propria banca e restare in attesa che vengano districati tutti i nodi procedurali. In questa fase riuscire a presentare tra mille difficoltà la domanda di indennizzo può rivelarsi parzialmente inutile: per espressa indicazione di Consap saranno probabilmente richieste delle integrazioni per tutte le domande presentate dal 22 agosto, data di apertura del termine, fino alla messa a regime”.

La Lega Consumatori Venezia (consulta sedi, recapiti e orari) è a disposizione per fornire ulteriori informazioni ed assistenza.

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