Lo scorso 3 ottobre, in occasione della firma di “Fratelli tutti” sulla tomba di San Francesco, ero ad Assisi. Ci sono andato in veste di presidente provinciale delle Acli, a poche settimane dal voto del nostro Consiglio provinciale che mi ha confermato in questo ruolo di servizio anche per i prossimi quattro anni. Ho voluto inaugurare questo secondo mandato con questo viaggio, per affidare a San Francesco la nostra associazione e per ribadire la storica fedeltà delle Acli alla Chiesa. E proprio questa fedeltà, legata a doppio filo alla Dottrina sociale, trova una nuova, potente linfa nella nuova enciclica di Papa Francesco. Un testo che come Acli dovremo leggere, meditare e, soprattutto, mettere in pratica, proprio laddove rinnova la Dottrina sociale della Chiesa, come sottolineato dal nostro presidente nazionale Roberto Rossini, “offrendo un nuovo paradigma di comunione per attraversare questo tempo incerto dove è necessario aprire nuove forme di accoglienza e di solidarietà”.
È chiaro il legame con la preghiera per l’umanità pronunciata da Francesco il 27 marzo scorso, in una piazza San Pietro deserta. Allora il Papa lesse ciò che sta avvenendo non come un castigo divino, ma come peccato sociale che ci costringe a riscoprire un’appartenenza comune in quanto fratelli, alla quale non possiamo sottrarci. Oggi, con “Fratelli tutti”, ribadisce come occorra ripartire dalla comune appartenenza alla famiglia umana, dal riconoscerci fratelli perché figli di un unico Creatore, tutti sulla stessa barca e dunque bisognosi di prendere coscienza che in un mondo globalizzato e interconnesso ci si può salvare solo insieme.
È un dono grande, quello che Francesco ci ha fatto con questa enciclica. Un dono grande perché ci stimola, ci spinge ancora una volta a ritrovare la rotta. Anche noi a marzo, nelle settimane del lockdown, cantavamo assieme dai balconi, ci ripetevamo “ce la faremo”, “ci salveremo tutti assieme”. Poi, in un battere di ciglia, siamo piombati nel “si salvi chi può”, con il rischio che anche la pandemia, come sottolinea lo stesso Papa, si trasformi “nell’ennesimo grave evento storico da cui non siamo stati capaci di imparare”. La riflessione che doveva portarci a generare un domani diverso, si è trasformata in una paura del futuro. Quella riflessione che noi non abbiamo saputo fare, ce la offre oggi, con spirito profetico, il Santo Padre. Padre davvero, in questo senso, che accoglie i repentini cambi di umore dei suoi figli e cerca di accompagnarli verso il bene comune.
Sulla scia della fraternità e dell’amicizia sociale a cui ci esorta con forza il Papa, sono tante le sfide che dobbiamo cogliere per riuscire a costruire un mondo che sia davvero migliore. L’impego per la pace, per la giustizia, per il dialogo, per un mondo aperto. Per una “politica migliore” al servizio del bene comune, in grado di porre al centro la dignità di ogni essere umano e di assicurare il lavoro a tutti, affinché ciascuno possa sviluppare le proprie capacità. L’importante è nessuno – popolo, istituzioni, associazioni – si senta sollevato da questo compito. Perché è giunta davvero l’ora di “sognare come un’unica umanità”, l’ora che “non ci siano più gli altri, ma solo un noi”. (Paolo Grigolato, presidente Acli provinciali Venezia)