L’8-9 giugno saremo chiamati ad esprimerci su cinque referendum abrogativi, quattro in materia lavoro e uno sulla cittadinanza. Con l’aiuto di Eleonora Comis, referente dell’Ufficio Lavoro del Patronato Acli Venezia, approfondiamo i primi tre quesiti, legati a fattispecie che spesso coinvolgono anche i nostri utenti.
Qual è il tema del primo referendum?
Il primo referendum mira ad eliminare le differenze di trattamento tra i lavoratori assunti prima e dopo il 7 marzo 2015, che sono stati licenziati illegittimamente da aziende con più di 15 dipendenti. Oggi chi è stato assunto prima del 7 marzo 2015 può essere reintegrato nel posto di lavoro, in caso di licenziamento privo di giusta causa, a differenza invece di chi è stato assunto dopo il 7 marzo 2015, che può ottenere solo un indennizzo. L’abrogazione del D.Lgs 23/2015 garantirebbe quindi una tutela equa per i lavoratori licenziati illegittimamente nelle imprese con più di 15 dipendenti. Nel caso in cui il giudice dichiari ingiusta l’interruzione del rapporto di lavoro il lavoratore, oltre ad ottenere un’indennità risarcitoria, potrebbe rientrare nel proprio posto di lavoro o optare per l’indennità sostitutiva alla reintegrazione, pari a 15 mensilità.
Attualmente per gli assunti dal 7 marzo 2015 non è quindi mai prevista la reintegrazione?
Il reintegro è previsto solo in casi gravissimi, come ad esempio per i licenziamenti nulli, orali, discriminatori, oppure nel caso in cui venga dimostrata l’insussistenza del fatto materiale contestato. Per tutti gli altri casi di licenziamenti illegittimi, è prevista la corresponsione da parte del datore di lavoro solo di un’indennità risarcitoria, pari ad un certo numero di mensilità e commisurata all’ anzianità di servizio, senza diritto ad essere reintegrati nel posto di lavoro.
Per la tua esperienza abbiamo degli utenti che vengono al Patronato Acli e vogliono impugnare il licenziamento, ma si trovano in questa situazione non tutelata dalla legge?
Sì al nostro Ufficio Lavoro si rivolgono spesso lavoratori che hanno subito dei licenziamenti che reputano illegittimi e ci interrogano sui loro diritti e sull’opportunità o meno di procedere all’impugnazione del licenziamento. In particolare i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015, quando capiscono di essere in una situazione poco tutelata dalla legge, decidono di non intraprendere alcuna azione nei confronti del datore di lavoro o al massimo ci conferiscono mandato per una trattativa stragiudiziale.
Quindi le aziende possono licenziare più facilmente il lavoratore, visto che al massimo può ottenere solo un’indennità risarcitoria?
Le aziende sono consapevoli di poter licenziare più facilmente il lavoratore, senza correre grossi rischi. Il fatto che il lavoratore, anche se licenziato illegittimamente, può ottenere solo un’indennità risarcitoria, fa sentire i datori più liberi di chiudere un rapporto di lavoro senza grossi pensieri.
Il secondo referendum che cosa riguarda?
Il secondo referendum riguarda invece la cancellazione del tetto delle 6 mensilità per i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese fino a 15 dipendenti. In caso di licenziamento illegittimo infatti un lavoratore può ottenere al massimo 6 mensilità di risarcimento, anche se il giudice ritiene infondata l’interruzione del rapporto di lavoro. Cancellando il limite delle 6 mensilità, il giudice potrebbe determinare il giusto risarcimento di un licenziamento ingiustificato, senza alcun limite.
Se il risarcimento venisse deciso dal giudice, questo cosa comporterebbe?
Naturalmente le aziende starebbero più attente a licenziare i propri dipendenti e i lavoratori sarebbero maggiormente tutelati dalla legge.
Hai delle esperienze per queste casistiche, che sono state trattate dall’ Ufficio Lavoro?
Certamente, proprio in questi giorni stiamo tutelando la posizione di alcuni lavoratori, assunti successivamente al 7 marzo 2015 e che sono stati licenziati da aziende di piccole dimensioni della realtà veneziana. Il datore di lavoro ha proposto di riconoscere loro solo un paio di mensilità, per il presunto licenziamento illegittimo. Questa è la prova lampante, che il regime sanzionatorio dei licenziamenti illegittimi, disciplinato dal Jobs Act garantisce una minore tutela ai lavoratori, rispetto alla precedente legislazione.
Al di là della normativa, vale sempre la pena fare un passaggio con un esperto che ti dice quali sono le possibilità e poi valuti la convenienza se chiuderla nella fase stragiudiziale o andare avanti con la causa?
Rivolgersi ad un esperto in materia giuslavoristica è fondamentale, perché le norme non sono sempre di facile comprensione e molto spesso il lavoratore non conosce bene i propri diritti. Al Patronato Acli il lavoratore può verificare la regolarità della propria posizione lavorativa a 360 gradi, attraverso un controllo delle buste paga, del livello di inquadramento, del corretto calcolo del Tfr oltre appunto ad una tutela nel caso di licenziamenti illegittimi.
Il terzo referendum riguarda invece il contratto a tempo determinato. Attualmente i contratti a tempo determinato fino a dodici mesi non hanno bisogno di una causale che motivi la temporaneità del rapporto di lavoro.
Esatto. Il terzo quesito mira appunto ad obbligare il datore di lavoro ad inserire la causale nei contratti a tempo determinato fin dall’instaurazione del rapporto, con l’obiettivo di contrastare la piaga del precariato.
Tra questo referendum, che mira ad inserire una causale nei contratti a tempo determinato, e i vincoli sul licenziamento nei contratti a tempo indeterminato, si potrebbe creare una situazione più rigida per le aziende?
Certamente c’è il rischio una situazione più rigida per le aziende. Penso soprattutto alla realtà del Veneziano, dove le attività imprenditoriali sono legate all’andamento dei flussi del turismo e che sarebbero maggiormente penalizzate non potendo ricorrere a forme più flessibili di lavoro.
In quante situazioni hai avuto in cui il lavoratore veniva per un contratto senza causali con lo scopo di trasformarlo a tempo indeterminato?
Ci sono diversi lavoratori, che si rivolgono a noi alla scadenza del contratto a tempo determinato, al fine di controllarne la regolarità e per capire se possano far valere il diritto alla trasformazione a tempo indeterminato. La nostra verifica si concentra prevalentemente sul controllo del numero di proroghe stipulate, delle condizioni indicate per l’estensione del rapporto, oppure che non sia stato sforato il limite di durata massima di 24 mesi del contratto a termine.
Per avvicinarsi con maggiore consapevolezza al voto, segnaliamo anche i dossier preparati dalle Acli nazionali, uno sui referendum sul lavoro e uno sul referendum sulla cittadinanza.