Prosegue il lavoro di studio e approfondimento della Fap Acli Venezia sui temi della sanità e del diritto alla salute. A giugno è stato infatti pubblicato un nuovo aggiornamento della periodica agenda per seguire l’evoluzione della sanità pubblica in Veneto e in Italia. Il testo, intitolato “Sanità e disuguaglianze: quale futuro per i cittadini” (qui il testo completo) e curato da Franco Marchiori, continua a mettere in luce i nodi problematici emersi con forza dalla pandemia, cercando di stimolare interventi per riaffermare il principio universalistico che, in base alla nostra Costituzione, regola l’accesso al diritto alla salute.
Un documento di sicura attualità e interesse generale, come dimostrano in questi ultimi mesi dibattiti, manifestazioni e attenzioni dei mezzi di informazione, tutti basati sulla preoccupante situazione del sistema sanitario pubblico e sulla evidente deriva dai principi costituzionali.
Ancora una volta il punto di partenza è l’allungamento delle liste d’attesa, effetto a lungo termine dei periodi di sospensione dell’attività ordinaria nei momenti più difficili della pandemia. Un nodo problematico che si fatica a districare, nonostante gli investimenti fatti, e che rappresenta la prima causa delle disuguaglianze in termini di accesso alla salute. È infatti sempre più evidente la spaccatura tra chi può permettersi di ricorrere alla sanità privata (pagando di tasca propria o grazie a polizze assicurative, welfare aziendale o fondi sanitari integrativi) e chi invece è costretto ad attendere i tempi della sanità pubblica o addirittura a rinunciare alle prestazioni, con evidenti ricadute sul proprio stato di salute.
Situazione che trova conferma nelle statistiche: in Italia, la spesa sanitaria media per famiglia ha superato i 1.700 euro all’anno e il 5,2% dei nuclei familiari versa in disagio economico a causa delle spese per la salute. Senza contare l’11% degli italiani che arriva a rinunciare alle cure.
Da qui la necessità di investire più risorse nella sanità pubblica, per cercare di risolvere i nodi emersi con forza con la pandemia. Da un lato la carenza di personale sanitario, ormai vera e propria emergenza per tutte le professionalità impegnate in questo settore, dai medici di famiglia agli infermieri passando per i medici specialisti. Dall’altro lato i limiti di una sanità articolata quasi esclusivamente sugli ospedali, che deve lasciare spazio ad una medicina territoriale basata su Case e Ospedali di comunità.
Tuttavia il rischio è che la lezione del Covid resti lettera morta, a partire dal piano dei finanziamenti. Se nella fase di emergenza sono stati significativamente aumentati gli stanziamenti al Sistema Sanitario Nazionale (reduce tra l’altro da anni di sottofinanziamento), l’ultima legge di Bilancio va in controtendenza. Non sono infatti previste adeguate risorse per affrontare i problemi della sanità, anche in considerazione del forte aumento dei costi determinato dall’inflazione.
Salvaguardare il SSN è quindi questione di volontà e decisione politica. Se questa volontà non si manifesta chiaramente, provvedendo a aumentare la disponibilità di risorse umane e finanziarie, l’insieme delle garanzie della sanità pubblica non sarà più sostenibile, andando ad incidere in modo profondo sull’equità dell’accesso alla salute.
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