Parlare di Europa dalla prospettiva di uno dei pochi angoli del continente esclusi dall’unione politica ed economica. Riflettere sulla pace partendo dalle conseguenze di una guerra lontana solo venticinque anni. “Sarajevo, Europa”, l’incontro pubblico promosso il 29 marzo dalle Acli provinciali di Venezia e dall’Istituto Salesiano San Marco, è stata una serata apparentemente paradossale, certamente di successo. Sono state infatti oltre 160 le persone che hanno affollato l’aula magna dell’ISSM, accorse per ascoltare le autorevoli testimonianze di mons. Pero Sudar, vescovo ausiliare di Sarajevo e fondatore delle Scuole interetniche per l’Europa, e di Ennio Remondino, già giornalista Rai e inviato di guerra dai Balcani.
Due voci profondamente diverse, sia per modalità di espressione che per contenuti: da un lato Remondino, pragmatico nel suo realismo derivante dalla vastissima esperienza sul campo e dalla profonda conoscenza della politica internazionale; dall’altro mons. Sudar, portatore di una visione della realtà sempre illuminata dalla speranza della fede. Ma proprio questa complementarietà è stata uno degli ingredienti di successo del dialogo tra i due, soprattutto quando al centro dell’attenzione è stata messa l’Europa e il difficile cammino intrapreso dai paesi balcanici, Bosnia in testa, verso l’ingresso nell’Unione Europea. Un percorso che Remondino considera a dir poco in salita, indicandolo tra l’altro come un semplice specchietto per le allodole: il vero scopo delle diplomazie occidentali è l’ingresso di questi paesi nella Nato, per creare nei Balcani un cuscinetto di sicurezza in chiave anti-russa.
Per Sudar, invece, il tema è lo spunto per lanciare una sorta di manifesto europeista. “La nostra gente sogna di entrare nell’Unione Europea proprio perché vive fuori da essa e vede e apprezza valori che voi abitanti dell’Unione sembrate non vedere più. Solo chi ha vissuto in stati privi dei diritti fondamentali quali erano gli stati comunisti apprezza e desidera la vera democrazia. Solo chi temeva i controlli arbitrari alla dogana oggi esulta nel viaggiare liberamente senza frontiere. Solo chi ha vissuto la guerra sa che la pace non ha prezzo. Tutto questo e tanto altro per voi è da decenni banale normalità”.
E la Bosnia, con tutte le sue difficoltà e contraddizioni, quale contributo potrebbe portare all’Unione Europea? “La nostra storia testimonia che senza il riconoscimento del diritto alle differenze non c’è fondamento alla pacifica e prospera convivenza. E, allo stesso tempo, continuiamo ad essere ponte, non solo geografico e strategico, ma anche etico e culturale, tra oriente e occidente. La storia ci ha mescolato e fatto apprezzare l’incontro tra stili di vita diversi. Tutti ci accorgiamo della paura di molti cittadini UE verso gli immigrati, ma l’Europa nasce dal riconoscimento del valore intoccabile della persona, della pari dignità di tutti e della solidarietà umana con coloro che sono in pericolo. Il nostro vissuto potrebbe aiutare a mitigare il senso di paura per il diverso che vi spinge a chiudervi, tradendo i valori e le fondamenta su cui la casa comune europea è stata costruita”.
“Pace, convivenza, dialogo – sottolinea Paolo Grigolato, presidente delle Acli provinciali di Venezia – sono sfide fondamentali per il futuro della Bosnia e dall’Europa tutta. Noi ripartiamo da qui, con un occhio di riguardo per i più giovani. A partire da questa serata lanciamo infatti il Progetto Mir Sutra e il libro “Sarajevo, scuola di pace”: vogliamo portare i nostri ragazzi in viaggio d’istruzione a Sarajevo, per un viaggio nella memoria che li proietti nel futuro come cittadini solidi e consapevoli, capaci di dare un contributo concreto alla costruzione di un Europa sempre più forte e unita”.