Arrivati al giro di boa di un’esperienza, è sempre utile fare un bilancio parziale. Per riflettere su quanto vissuto e per tuffarsi con ancora più convinzione in quanto resta da vivere. Anche per questo Irene, da maggio volontaria di servizio civile presso la nostra sede provinciale, ha provato a mettere nero su bianco le sue impressioni. Ventuno anni, a pochi passi dalla laurea in Scienze e tecnologie multimediali, Irene si sta confermando mese dopo mese una risorsa particolarmente preziosa, soprattutto per sviluppare le nostre attività nell’ambito dell’alfabetizzazione digitale e del contrasto al digital divide tra generazioni, così come previsto dal progetto “Voglio essere social” in cui è inserita come volontaria.
Ma come sempre l’aspetto più importante è quanto questa esperienza stia aiutando Irene a crescere, a maturare e arricchire il suo progetto di vita. “Mi sono avvicinata all’idea del servizio civile sull’onda lunga della pandemia. Dopo tanto tempo in cui siamo stati obbligati a stare distanti, ho sentito forte la voglia di rendermi utile, di creare un progetto, una visione per me e la comunità alla quale appartengo. Per questo il bando del servizio civile è arrivata a pennello, in un periodo in cui avevo non solo molto tempo libero, ma anche la volontà di condividere le mie conoscenze, dialogare, provare a costruire qualcosa di buono per me e per gli altri”.
Partendo da queste premesse, l’esperienza del servizio civile non può esaurirsi nella semplice realizzazione di un’attività. “Buona parte del mio impegno è costituita dall’organizzazione di corsi di informatica in cui insegno ai partecipanti le competenze di base dell’utilizzo del computer e dello smartphone, compensando il divario che lo sviluppo veloce della tecnologia ha portato tra le vecchie e nuove generazioni. Il corso non offre solamente una soluzione ad un problema ma dà anche la possibilità di passare delle ore insieme tessendo rapporti, dicendo quella parola in più a chi ha avuto una brutta giornata, ridere e confrontarsi, senza badare ai ruoli e alle differenze, anagrafiche e non solo, tra me e le persone a cui insegno”.
Forse anche per questo c’è una parola che sta particolarmente a cuore a Irene. “In uno dei nostri incontri formativi a cui ho partecipato con gli altri volontari delle Acli del Triveneto, mi è stato chiesto di pensare a delle parole che potessero descrivere la mia esperienza. La mia preferita è “crocevia”. Prestando servizio in ufficio grande e trafficato incontro molte persone, con molte storie alle spalle; ognuno lascia un segno ed una lezione da imparare, Poi come nella vita si prosegue per la propria strada, ma un po’ cambiati dal tempo passato insieme”.
Davanti ci sono ancora diversi mesi di servizio, ma il testimone è già pronto per essere passato, con un suggerimento ben preciso a chi verrà dopo di lei. “Tra le tante cose il servizio civile mi ha reso maggiormente consapevole dei miei punti di forza e di debolezza, su cui ho potuto e sto ancora lavorando anche grazie alla libertà ed all’ambiente sereno offerto dalle Acli. È sicuramente un’occasione per trovare sé stessi, perché dà la possibilità di sbagliare, riprovare, cercare altre strade”.